Matteo al capitolo sedici del suo vangelo ci narra un fatto che accadde nei pressi della città di Cesarea di Filippi, un anno circa prima della morte di Yahushua.
Il Signore chiese ai dodici, che lo accompagnavano in un viaggio verso Nord, che cosa la gente pensasse di Lui. Per risposta gli apostoli gli riferirono le voci che circolavano sul suo conto. Alcuni, facendo proprie le superstizioni e le paure di Erode Antipa, pensavano che Yahushua fosse Yahohanan il battista tornato in vita, altri credevano che lo spirito di ElìYah (Elia) o Yahirim (Geremia) si fosse manifestato in Lui, c'era poi chi lo considerava semplicemente uno dei tanti profeti inviati da EL il Supremo per ammonire e guidare il Suo popolo. A questo punto Yahushua interrogò direttamente i suoi apostoli chiedendo espressamente il loro parere. Rispondendo in nome di tutti, illuminato da EL, Pietro con fervore e semplicità ma anche con estrema prontezza e precisione, pronunciò una grande confessione di fede:
"Tu sei il Messyah, il figlio dell'Iddio vivente"
(Matteo 16:16)
Anche oggi sulla figura di Yahushua circolano le idee più svariate. C'è chi pensa che il Messia sia stato un grande trascinatore di folle, chi lo vede come un rivoluzionario precursore dei moderni movimenti socio-politici, c'è chi pensa a Lui come a un potente taumaturgo e chi ancora lo paragona ad uno dei tanti filosofi o profeti vissuti nella storia. Infine c'è anche chi arriva a dubitare della sua esistenza storica o a considerarlo un povero ebreo con qualche strana idea per la testa. Esattamente come duemila anni or sono la gente dice la sua con superficialità, senza curarsi di conoscere veramente Yah'u'shua e soprattutto senza avere gli elementi sufficienti per rispondere alla domanda che ancora oggi Egli pone ad ognuno di noi: "Chi sono per te?".
Capire che la nostra unione con il Padre Onnipotente e il nostro destino eterno dipendono dalla risposta a questa domanda, è fondamentale per prendere la faccenda con estrema serietà. Quando Pilato, proconsole della Giudea, domandò alla folla di Gerusalemme cosa dovesse farne di Yahushua detto il Netzarym, la Scrittura racconta che la piazza espresse un giudizio severo ed inappellabile: "Tutti risposero: sia inchiodato al legno" (Matteo 27:22).
Sia la domanda di Yahushua ai suoi discepoli che quella di Pilato alla piazza di Gerusalemme sono due episodi considerevoli nella storia dell'uomo, due eventi cui dobbiamo anche noi partecipare con le nostre scelte. Possiamo immaginarci accanto al Messia nelle vicinanze di Cesarea, oppure possiamo unirci alla folla chiassosa che doveva decidere cosa farne di Yahushua, ma sia nell'uno sia nell'altro caso l'Iddio vivente ci chiede di emettere il nostro verdetto, decidendo cosa, in realtà, il Messia rappresenti per noi. E come dovrebbero fare tutti i giudici seri e coscienziosi la nostra prima responsabilità è quella di riconoscere il Signore dei Signori, i suoi gesti, le sue parole. E il Signore Yahushua si presenta a noi tutti con una precisa connotazione: Egli è il Figlio di YHVH..!!
L'espressione "figlio di EL", utilizzata nella Scrittura al pari di quella "figlio dell'uomo", non indica l'origine, né presuppone subordinazione ma è usata per dettare e descrivere l'assoluta uguaglianza tra due condizioni. Nei popoli orientali, infatti, tale frase designava identicità (esempi biblici: Genesi 4:20; Genesi 4:21; Genesi 17:4; Marco 3:17; Luca 10:6; Atti 4:36;). Nel caso del Messia sottintende i titoli di Messia e di Re d'Israele (cfr. Marco 14:35-37; Giovanni 1:49; Giovanni 11:27; Marco 15:32).
Chi dice la gente che io sia?
Scorrendo i quattro evangeli ovunque troviamo, in modo diretto o indiretto, la testimonianza della divinità di Cristo. Basti pensare alle sue grandi affermazioni, quando per ben sette volte afferma di essere l'unica via per essere riconciliati con il Padre Eterno e per ottenere la vita eterna (Giovanni 6:35; 8:12; 10:9-14; 11:25; 14:6; 15:1), che per gli Ebrei aveva un preciso ed inequivocabile significato.. quello di essere il Messia di Yah, Figlio Suo.. di natura divina superumana.
gli apostoli salvati dal naufragio gli si gettano ai piedi e l'adorano esclamando: "Veramente tu sei il Figlio di EL" (Matteo 14:22).
alla donna samaritana che al pozzo di Sichem gli aveva detto: "So che il Messyah, deve venire; quando sarà venuto ci insegnerà ogni cosa", risponde con estrema naturalezza indicando in se stesso l'atteso Messyah: "Sono Io che ti parlo" (Giovanni 4:25-26).
Yahushua insegna ad onorare il Figlio come il Padre (Giovanni 5:23) e attribuisce a sé e al Padre lo stesso potere di dare la vita (Giovanni 5:21).
Tommaso vedutolo risorto si getta ai suoi piedi gridando: "Adonay mio ed Eloah mio" (Giovanni 20:28). I discepoli gli rendono onore subito dopo la Sua risurrezione (Matteo 28:9).
i Giudei comprendono bene le affermazioni sulla sua divinità tanto che prendono delle pietre per lapidarlo e alla domanda di Yahushua sul perché lo volessero uccidere rispondono: "Ti lapidiamo per bestemmia, perché tu che sei uomo ti fai EL" (Giovanni 10:33).
In tante altre occasioni Yahushua proclama la sua divinità, ma è sicuramente l'ultima la più efficace, quella che illumina tutte le altre. Egli è in catene davanti al Sinedrio, sommo consiglio della nazione giudaica. Caifa, il Sommo Sacerdote per troncare qualsiasi discussione si rivolge a Lui con tutta l'autorità e la maestà che la Legge gli conferiva: "Io ti scongiuro per l'Iddio vivente di dirci se sei il Messyah, il Figlio di EL". La domanda è inequivocabile e richiede una risposta altrettanto precisa. È giunto il momento di dissipare ogni dubbio, di sapere con esattezza chi è in realtà questo falegname Galileo, e il Messia non esita, prontamente con voce ferma e piena di dignità risponde: "Tu lo hai detto, perché Io lo sono" (cfr. Matteo 26:57-68; Luca 22:63-71; Giovanni 18:12-27). Yahushua sapeva molto bene che quella risposta avrebbe segnato la sua condanna, già vede il legno erigersi sul Golgota, già ode il rumore del martello che spinge i chiodi attraverso la sua carne, già ascolta i vituperi, le imprecazioni, gli sberleffi che gli saranno rivolti, eppure con fermezza e con l'autorità che gli proviene dalla consapevolezza di ciò che sta affermando, Egli ripresenta la sua natura: "Si sono il Figlio di EL". E a quella risposta il Sommo Sacerdote inizia a stracciarsi i vestiti, e tutto il Sinedrio prorompe in un solo grido: "Egli ha bestemmiato... Egli è reo di morte".
La sua affermazione "sono il Figlio di EL", pronunciata prima tra i discepoli in Galilea e suggellata davanti al Sinedrio, segna la sua condanna a morte. I Giudei poco dopo al cospetto del Governatore romano Pilato grideranno: "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge egli deve morire, perché si è fatto Figlio di EL" (Giovanni 19:7).
Davanti a questa affermazione del Signore Yahushua ogni uomo ha la responsabilità morale di emettere il proprio giudizio. Restare in silenzio, lavarsi le mani, come Pilato, non ci farà essere meno colpevoli del giudice romano che abdicò miseramente in mano alla folla i suoi poteri e le sue responsabilità di giudice. Possiamo idealmente stracciarci i vestiti, come fece Caifa, considerarlo un bestemmiatore, un bugiardo oppure rivolgerci a Lui fiduciosi... siamo liberi di decidere ... ma Dio impone una scelta!
Dinanzi al Messia che fino alla morte afferma di essere Figlio di Dio, tre solamente sono le ipotesi plausibili:
ci troviamo davanti ad un uomo che ha perduto il bene dell'intelletto, un folle in preda ad un delirio continuo, un esaltato privo di ogni ragione.
siamo dinanzi ad un imbroglione, un bugiardo, un uomo che non teme Dio e che ha concepito l'empio disegno di farsi passare per figlio di Dio chissà per quali reconditi fini.
egli è veramente ciò che afferma d'essere e allora non possiamo che seguirlo con gioia e fiducia.
Non possono esserci alternative a queste ipotesi. Yahushua non può essere stato semplicemente e solamente un grande uomo, o uno dei tanti profeti, perché le sue affermazioni sono forti, uniche, solenni e richiedono una seria considerazione per emettere una giusta sentenza.
Siamo davanti ad un pazzo? Aprite il Vangelo e scorretelo da capo a fondo, leggete i suoi inviti, ammirate la sua sapienza, apprezzate il suo insegnamento morale, gustate il suo amore operoso verso ogni uomo che si innesta all'amore di Dio. Meditate sull'umiltà, sulla temperanza, sulla pazienza, sul perdono verso le offese, sulla franchezza, sulla purezza del cuore, sulla carità che egli invita ognuno a possedere e ditemi se tale alta, inaudita, sublime dottrina può essere stata disegnata da un ebreo pazzo di circa 30 anni. Un pazzo che istruisce le turbe con autorità, che annuncia i temi più ardui e sublimi col linguaggio più semplice e comprensibile, che penetra nello spirito con estrema facilità mettendone a nudo ogni angolo anche il più recondito, che discute alla pari con Scribi e Farisei ritorcendo contro di essi le loro stesse accuse, che smaschera l'ipocrisia, lascia confusi gli avversari e riscuote ammirazione in chi lo ascolta. E' questo un pazzo? Siamo seri! Nulla è più equilibrato, nulla più posato delle sue proposte, nulla più sublime delle sue parole. Ognuna di esse penetra nel cuore dell'uomo scaldandolo ed illuminandolo come un raggio di sole.
Chi è dunque Yahushua, un imbroglione, un mentitore? Un uomo che osa spacciarsi per Figlio di EL per chissà quali occulti fini? Un uomo così meschino, scellerato, sacrilego da ingannare e raggirare tutti coloro che lo seguono fiduciosi? No, non è possibile, l'ipotesi è talmente assurda ed insensata che offende persino prenderla in considerazione. Colui che ha prodotto il sistema morale più eccelso nel corso della storia non può essere un mentitore. Non dimentichiamo che Yahushua ha vissuto a Nazareth per 30 anni, in mezzo ad un popolo il cui credo fondamentale, che lo distingue da ogni altro, è quello in un EL invisibile, inaccessibile, UNICO, di cui non si pronuncia più nemmeno il nome (per timore superstizioso dei capi di trasgredire il secondo comandamento) e di cui non è lecito fare neanche la più insignificante immagine. E Yahushua ha osato in queste circostanze dimostrare che:
"Egli è l'immagine di EL invisibile, il primogenito di ogni creatura"
(Colossesi 1:15)
Che speranze aveva di guadagnare qualcosa, quale recondito fine si sarebbe dovuto nascondere dietro tutto ciò? I Giudei avevano perseguitato, lapidato e ucciso, i veri profeti, quale peggior sorte avrebbero riservato ad un povero falegname che osava bestemmiare contro la Legge facendosi Figlio di Dio? E poi quali reali vantaggi trasse Yahushua dalle sue affermazioni? Pochi furono coloro che gli cedettero e lo seguirono, i soli vantaggi che ne ottenne furono timori, ansie, scherni, ed infine la morte che più volte aveva annunciato ai suoi discepoli. Egli non cerca mai rispettabilità e ricchezza, tutti i suoi insegnamenti sono imperniati sul distacco dai beni materiali, sul rifuggire gli onori, è basata sull'esaltazione di quei valori che troppo spesso sono latitanti nella società di allora e di oggi. Tutto ciò frutto di un astuto, ipocrita, imbroglione? No, una tale considerazione è inammissibile. E allora, allora l'unica ragionevole, inevitabile, convincente ipotesi è che Yahushua sia realmente ciò che afferma di essere: il Figlio di YHVH.
Egli avvalora questa solenne affermazione con la sua vita, la dimostra con la sua predicazione sobria e autoritaria, con i miracoli potenti, la suggella con la sua morte, la rende vibrante con la sua resurrezione. Yahushua è l'unico che ha lasciato una tomba vuota alle sue spalle. E' il solo che è riuscito a sconfiggere le paure e le inquietudini che si agitano in ogni essere umano, il solo che ha donato una speranza viva capace di rispondere alle nostre ansie. Solo Lui lenisce col balsamo prezioso delle sue parole la sofferenza e l'angoscia causate dal peccato. Solo Lui afferma e dimostra di essere Figlio di EL. Davanti questa conclusione emergono con pressante sollecitudine le nostre responsabilità verso di lui, verso la sua Parola, scritta nelle pagine del Nuovo Testamento, verso la sua morte, compiuta per propiziare la nostra redenzione e la nostra libertà dal peccato.
Dobbiamo trovare il coraggio, il tempo, la determinazione di accostarci a lui per seguire il Suo GRANDE ESEMPIO di vita, di riscoprire più profondamente i suoi insegnamenti, di vivere totalmente e senza ipocrisie ciò che ci ha lasciato per nostro insegnamento, di chinare il capo e umilmente farlo vivere nei nostri cuori.. come fece l'Apostolo:
"Non sono più io che vivo ma è il Messyah che vive in me"
(Galati 2:20)